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Storia bargese

Ultima modifica 8 marzo 2024

Le origini di Barge affondano le radici in un passato sicuramente remoto: purtroppo pochi sono stati i ricercatori di testimonianze storiche convincenti e le ipotesi avanzate hanno più il carattere della probabilità che quello della certezza.

Probabili sono dunque insediamenti preistorici nel territorio di Barge avvalorati da ritrovamenti in valle Po, come presumibile è l’etimologia del nome Barge che trova un unico esempio in Italia di omonimia nel toponimo toscano Barga citato nella Tabula Veleiatis, risalente al preromano barga alturada cui successivamente baita (come a Rovereto bark designa il monte e la “cascina, la stalla”).
Altrettanto presumibilmente, completata la fase dell’insediamento romano a spese delle popolazioni alpine con la vittoria di Augusto sui popoli liguri (dei quali si può vedere l’elenco nell’iscrizione del Trophée des Alpes di La Turbie), Barge era niente più che un piccolo nucleo, poco distante dalla grande strada di passaggio tracciata dai romani tra Pedona (Borgo san Dalmazzo) e Caburrum (Cavour) diretta ad Augusta Taurinorum (Torino), protetto dalla povertà e dalle foreste.

La prima testimonianza scritta su Barge si trova su un diploma dell’imperatore Ottone III dell’anno 1001. Non si può ricostruire con attendibilità un periodo storico che inizia non si sa quando e continua attraverso passaggi e lotte di Romani, Goti, Vandali e Longobardi: è comunque sicuro che Barge è rappresentata come una terra già organizzata sotto un profilo agricolo e civile che presuppone l’esistenza di case, nuclei di abitazione, pascoli, campi, boschi e sfruttamento delle acque.

Certamente lo spazio geografico caratterizzato dalla confluenza di due torrenti e di altri piccoli, ma non meno importanti corsi d’acqua, dalla vicinanza protettiva del Monte Bracco e dal Monte Meìdia che offrivano un’enclave riparata e di facile rifugio, vicina alla fertile pianura coltivabile in tempo di pace, ha permesso alla popolazione bargese delle origini di che vivere e progredire con continuità quasi come per una rivincita sul suo oscuro passato.

Non essendo possibile per motivi di spazio fare una sintesi esauriente della storia più recente di Barge terra di passaggio e terra di conquista, terra di duro lavoro e terra di soldati, come d’altronde lo era tutto il “vecchio Piemonte” ci limitiamo a dire che questa terra ha vissuto sempre in prima linea le lotte per il suo possesso tra i Marchesi di Saluzzo e i Duchi di Savoia, e, successivamente, tra i Francesi, gli Austro-Russi, i Napoleonici e nuovamente i Savoia.

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Possiamo però fare alcune considerazioni sul periodo di progresso e di apertura all’informazione e alla comunicazione che incontra Barge agli inizi del XIX secolo.

I fermenti rivoluzionari nati tra il popolo al tempo del dominio napoleonico  e ampliati intellettualmente dai patrioti piemontesi e lombardi con gli apporti filosofico-esistenziali del Romanticismo percorrono le vie  del  Piemonte e arrivano anche nelle nostre terre, diffondendo “il bisogno di intendere i fatti del tempo, di interpretare l’ora battuta all’orologio dei secoli”, il dovere di migliorare - come scrive Ludovico di Breme un paese dove l’intelligenza e la scienza sono reputate come cose infernali da chi ha la bontà di governarci”.

Lo scrittore piemontese Edoardo Calandra in “La bufera”, romanzo-ombra del molto più noto “I promessi sposi” di Manzoni, bene descrive i gruppi di intellettuali che pullulano in ogni angolo delle nostre zone diffondendo idee di libertà, di fratellanza, di liberazione. Non lontano da noi, pure assai diversi, l’astigiano Vittorio Alfieri e Ugo Foscolo incarnano nella vita e nelle opere la figura del poeta che prelude alle future forti mutazioni di Europa e Italia e, sebbene non in forma sempre organica, educano l’uomo agli ideali di patria libera e di coscienza civile. Il torinese Angelo Brofferio avvocato e “chansonnier” per libera scelta usa la lingua piemontese nelle sue ironiche e appassionate canzoni rivoluzionarie. Così il patriota conte Carlo Bianco di Saint Jorioz di famiglia bargese portò le sue lotte e le sue idee in Europa morendo esule a Bruxelles. Il suo pensiero venne ripreso nella contesa tra schiavisti e antischiavisti che generò la famosa guerra di Secessione negli Stati Uniti: il Nord delle grandi città vinse il Sud delle grandi piantagioni e la schiavitù fu abolita; i negri americani avevano così avuto anche un loro difensore “che veniva da lontano”.

Altri illustri cittadini bargesi a partire, grosso modo, dalla seconda metà del XIX secolo, si distinguono per la cultura e per gli interventi a favore di Barge; possiamo ricordarne alcuni tra i tanti: l’avvocato poi sacerdote Domenica Pettinotti che favorì con il suo patrimonio la costruzione della Chiesa del Cimitero, dalla raffinata cupola neoclassica; Alfredo Chiappero, deputato del Parlamento del Regno d’Italia; il medico Tomaso Perassi, la cui opera portò nel paese l’acqua potabile; Bernardino Bertini, deputato del Parlamento del Regno d’Italia; Giuseppe Bertini, senatore del Regno d’Italia; il poeta Cirillo Valmagia, le cui poesie, ormai note a pochi, dovrebbero essere ristampate perché meritevoli di una maggiore conoscenza; il poeta Michele Ginotta, allievo di Giovanni Pascoli, dalla vena lirica fresca e lucida.
 

Un altro grande intellettuale da citare è Ludovico Geimonat, cittadino onorario di Barge, filosofo di ambito europeo: egli operò con la coerenza delle sue idee e della sua coscienza nella lotta partigiana che coinvolse le nostre vallate. La sua speculazione filosofica volta all’indagine dei rapporti tra filosofia e scienza si trova in numerosi testi, molti dei quali concepiti ed elaborati durante i lunghi soggiorni nella sua casa bargese. I suoi concittadini lo ricordano, tra le vie del paese o a passeggio per i boschi, non come un importante professore universitario dell’Ateneo milanese, ma come un uomo affabile e disponibile, grande di per sé.


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